L’infortunio in
itinere, oggetto di disciplina in molte legislazioni europee, è stato
introdotto nel nostro ordinamento, con un’apposita normativa di riferimento,
soltanto con il D. Lgs 38/2000.
Il tardivo
intervento del Legislatore ha fatto si che, nel silenzio di quest’ultimo,
maturasse gradualmente un’abbondante giurisprudenza sul punto. In particolare, numerosi sono stati gli interventi
della magistratura, a tutti i livelli, tesi a ricomprendere l’infortunio in
itinere nella più vasta sfera dell'infortunio sul lavoro.
Tutto questo, fino, appunto, all’articolo
12 del D. Lgs. 38/2000, con il quale sono state individuate tre fattispecie di
infortunio in itinere, con riferimento a tre, precisi, “intervalli temporali”,
in ogni caso considerati, a pieno titolo, parte integrante dell’attività
lavorativa di un individuo.
Nello specifico, ci si riferisce all’infortunio occorso “durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”; “durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più rapporti di lavoro” e “durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, purché non sia presente un servizio di mensa aziendale”.
Nello specifico, ci si riferisce all’infortunio occorso “durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro”; “durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro, se il lavoratore ha più rapporti di lavoro” e “durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti, purché non sia presente un servizio di mensa aziendale”.