La Corte di Cassazione, sez. III, civile, nella sentenza n. 11851, del
09/06/2015, affronta e approfondisce il più volte discusso tema del danno alla
persona.
La sentenza in esame ha ad oggetto la richiesta di risarcimento danni,
nello specifico, non patrimoniali, patiti dal marito e dal figlio, in
conseguenza della malattia e del successivo decesso, rispettivamente, della
moglie e della madre, affetta da carcinoma maligno all’utero, che se
tempestivamente diagnosticato, avrebbe potuto essere curato.
I familiari, dinnanzi al Tribunale di Venezia, avevano ottenuto il
riconoscimento della responsabilità in capo alla clinica e al medico, oltre al
ristoro del danno non patrimoniale, nell’ammontare di 1 milione 816 euro.
In secondo grado la Corte d’Appello di Venezia, riconfermando l’an , riduce il risarcimento a 580.816
euro.
Il medico ritenuto responsabile dell’omessa tempestiva diagnosi,
ricorre in Cassazione, ove resistono, con ricorsi incidentali i familiari della
vittima, e la clinica.
Superando una visione unitaria di danno alla persona, considerata
riduttiva, vieni qui individuata una visione più ampia, e completa.
La Suprema Corte, nella sentenza in esame, dopo aver indicato la base
normativa sia del danno esistenziale che è rappresentata dagli artt. 138 e 139
del Codice delle Assicurazioni Private (d.lgs. n. 209 del 2005), che del danno
morale, rappresentata dal d.P.R. n. 31 del 2009 e n. 191 del 2009, afferma che
si tratta di danni diversi e autonomamente risarcibili, reiterando così la
legittimità del danno morale, ma in una duplice veste: quella di tipo
relazionale e quella di natura interiore.
Sarà compito del giudice valutare, di volta in volta, quindi, sia la
sofferenza morale interiore, sia l’alterazione dei precedenti aspetti dinamico-
relazionali del soggetto leso.
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